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Con il nome di tarsia o commesso si intendono i rivestimenti di pavimenti, pareti o mobili in cui sono usate sottili lastre di marmi e pietre colorate. Queste vengono tagliate ed incastrate tra loro per ottenere decorazioni e, a differenza del mosaico,tra un pezzo e l'altro non vi è materiale di fuga.
La tarsia nasce in Asia minore e si diffonde nel mondo romano ai tempi di Giulio Cesare e abbiamo una descrizione di come avveniva la lavorazione.
Le lastre di pietra venivano tagliate con delle seghe metalliche lisce, i pezzi tagliati in forme diverse venivano lucidati con polvere di pomice e venivano applicati ai pavimenti o alle pareti usando malta che veniva colata nelle intercapedini.
La tecnica del commesso si perfezionò attraverso i tempi e nel XII e XIII secolo si realizzarono opere di grande effetto a disegno geometrico.L'uso di questa tecnica diventa tradizionale nella decorazione architettonica toscana e ritroviamo questi lavori nel pavimento del duomo di Siena, nelle specchiature di S. Miniato e nel battistero di Firenze.
Come si vede dall'immagine, il pavimento di S.Miniato è composto da grandi lastre di marmo bianco con la decorazione intagliata. Gli spazi lasciati vuoti dall'intaglio sono stati riempiti con un composto che viene usato anche in oreficeria: il niello. Questo è una miscela nera a base di pece che in contrasto col bianco mette in evidenza il disegno che in questo caso si ispira ai motivi dei damaschi di produzione locale di quegli anni.
Il commesso toscano però è usato anche per preparare pannelli di pietra dura da applicare su preziosi arredi e ancora oggi alcune botteghe fiorentine lo realizzano.
Con la tarsia si creano dei veri mobili/capolavori, per lo più piani di tavoli, come quello nella foto che risale al 1615 proveniente dalle botteghe granducali e conservato nel Castello Sforzesco di Milano.
Nella lavorazione sono utilizzate anche incrostazioni di madreperla e le lastre di pietra sono tagliate sottilmente nelle forme più varie ma lo spessore deve essere identico per creare una superficie compatta e lineare.
Questa complessa decorazione è stata realizzata con l'uso di graniti di colori differenti alternati a pietre dal colore uniforme come il basalto e i lapislazzuli.
Ci sono anche delle formelle decorative eseguite in pietre dure, oro, smalti e brillanti che danno vita a splendidi manufatti dove il commesso si affianca alle tecniche più raffinate dell'oreficeria per creare un vero e proprio gioiello.
La tarsia lignea più antica è detta " alla Certosina" e per eseguirla si usavano diversi tipi di legno oltre ad osso e madreperla che tagliati in piccolissimi tasselli sono fissati alla struttura di base con mastice, creando dei disegni geometrici per lo più molto piccoli. Nei tempi questa tecnica viene utilizzata sempre più per la decorazione di arredi e le composizioni diventano sempre più grandi e complesse.
Nel XIV secolo nasce la tarsia pittorica che riproduce con intarsio vedute architettoniche e paesaggi su grandi superfici.
I legni sono colorati tramite imbibitura con tinte bollite insieme ad olio o infusione di erbe.
Nel Rinascimento si usa la tecnica " a secco" e i tasselli sono incastrati su una superficie racchiusa in un telaio, senza l'uso di colle per il fissaggio. Questo sistema è possibile solo grazie alla precisione nella corrispondenza degli spessori delle singole parti.
Dalla fine del Cinquecento in Italia si afferma la produzione di mobili con incrostazioni di materiali preziosi uniti ai tasselli lignei.
In Nord europa l'intarsio viene usato per la creazione di fantastici paesaggi e decorazioni ricche di fiori, uccelli.
In Francia nel '600, Andrè Charles Boulle si afferma con la produzione di mobili in cui l'intarsio è prodotto con rame, ottone, tartaruga e madreperla. Questo metodo sarà d'ispirazione al torinese Pietro Piffetti creatore di mobili ricchissimi e nel XVII e XIX secolo nell'area milanese, precisamente a Parabiago, Giuseppe Maggiolini creerà le sue opere più belle.
Nella foto sopra vediamo un cassettone di Maggiolini del 1780 circa costruito in legno impiallicciato di palissandro e intarsiato.Questo mobile è in stile neoclassico e i legni usati sono quelli chiari come il pero e l'acero, accostati a quelli più rosati come il ciliegio e il bosso e per le parti più scure è usato il noce e il mogano.
L'ebano scuro viene invece usato per lo sfondo delle cornici decorative del corpo inferiore.
Andrea Appiani è il disegnatore dei cartoni con le immagini dei pannelli.
L'intarsio in scagliola nasce a Carpi nel Seicento. La scagliola è selenite, una varietà di gesso naturale
presente in abbondanza nell'appennino Modenese e Reggiano.
Deve essere cotta ad alte temperature, macinata finemente e passata al setaccio. La polvere sottilissima così ottenuta si mescola a colla per ottenere una pasta morbida, questa viene poi divisa e colorata a tinte diverse.
Gli impasti di scagliola permettono l'imitazione di qualsiasi tipo di pietra o marmo e gli artigiani di Carpi con un complesso uso di materiali poveri come acqua, olio, incannicciature e intelaiature hanno ricreato un intarsio che imita i preziosi commessi in pietre dure eseguiti nelle botteghe fiorentine nel Seicento e Settecento.
Questa tecnica si diffonde anche in Lombardia e in Toscana dove vengono eseguiti paliotti per altari, piani per tavoli e consolle con intarsi raffiguranti paesaggi, molto apprezzati dai viaggiatori inglesi come souvenier del Grand Tour.
Nell'immagine sopra vediamo una placca realizzata in scagliola nella bottega di Blasius Fistulator nel 1650 circa che raffigura un paesaggio architettonico.Il disegno viene riportato a spolvero, poi scavato ed ogni incavo riempito con pasta di scagliola colorata.
Alla fine si elimina la scagliola in eccesso e il lavoro viene lucidato.
Nell'immagine a lato vediamo il paliotto dell'altare dell'Addolorata a Carpi, eseguito da Giovanni Gavignani nel 1670 circa.Come si può vedere, la scagliola a colori imita perfettamente il commesso fiorentino in pietra dura del seicento. Anche i pizzi sono riprodotti accuratamente con l'utilizzo della scagliola.Con la scagliola in bianco e nero nel Seicento si riproducevano anche stampe ottenendo così una tecnica simile a quella del bulino.
Una curiosità: gli interni della stazione centrale di Milano sono interamente ricoperti di finti marmi eseguiti in scagliola.
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