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Guercino:"Nudo maschile di spalle" Carboncino grasso - 1620/1630
Il carboncino è il più antico strumento usato per disegnare, lo troviamo utilizzato nei disegni
dell'età preistorica. Si ottiene facilmente ed è di semplicissimo impiego; è inoltre adatto
ad ogni tipo disegno. La fabbricazione richiedeva che venissero rispettate
alcune norme, indispensabili per ottenere uno strumento funzionale ad avere buoni risultati sui supporti.
Si utilizzavano dei rametti di legno di salice essiccati che, legati a mazzi, venivano
chiusi in una pentola ermeticamente chiusa e cotti a bassa temperatura per una notte. Dopo cotti, i ramoscelli
venivano fatti raffreddare lentamente e appuntiti con cura, dopidichè si potevano
utilizzare per disegnare. Per non sporcarsi le dita, venivano inseriti in un pezzetto di canna di bambù o legati ad un
bastoncino. Il carboncino è un materiale molto fragile e facile da cancellare con gomma pane ma anche con una pezzuola;
è adattissimo ai disegni di studio e agli schizzi, per abbozzare figure da terminare poi con altri mezzi- penna,
pennello- o per realizzare i cartoni di grandi composizioni da realizzare in pittura o in affresco.
La sua friabilità conferisce al carboncino un segno particolarmente morbido
e pittorico, ma questo è anche un inconveniente, perchè tende a sporcare i fogli
lasciandovi aloni nerastri e, molto più grave, i tratti sono a rischio di cancellazione, causa
principale della perdita di molte delle opere più antiche realizzate con questo strumento.
Mettendo a bagno i carboncini nell'olio di lino per un periodo più o
meno lungo si ottiene il carboncino grasso il cui segno diventa indelebile e non necessita
di fissaggio. Il tratto del carboncino grasso è molto simile a quello del pastello
con il quale può essere facilmente confuso. Il segno di questo tipo di carboncino
è di colore nero intenso e vellutato; col tempo però l'olio contenuto nel tratto si
può separare dalla polvere di carbone, formando sui margini del disegno delle sbavature
oleose, spesso estese sul retro del foglio e che, nei casi più sfortunati, possono portare al
completo disfacimento del supporto.Questo inconveniente è causato dall'olio assorbito in eccesso dal
carboncino.
Cavalier D'Arpino: "Testa di cavallo" Matita 1596
Con il temine "matita" oggi si intende il più comune oggetto per scrivere e disegnare:il lapis
, di larghissimo uso dall'ottocento in avanti. L'antenato della nostra matita è sicuramente quello
che il Cennini nel suo "Libro dell'Arte"(1437), descrive come una "pria" (pietra) nera
che vien dal Piemonte la quale è tenera pria e la si può aguzzare con coltellino, ch'ella è tenera
e disegna secondo che vuoi". Questo mezzo ,chiamato anche pietra d'Italia, si diffonde
nelle botteghe sopratutto a partire dal tardo Quattrocento. La pietra si trova
già in natura in differenti gradi di compattezza cosa che permette di avere diversi toni,
passando da un nero intenso, simile al carbone, a un grigio chiarissimo dai toni quasi perlacei.
Per rendere più pratico l'uso di questo mezzo, le punte
venivano inserite in un tubo di metallo, detto matitatoio.
Dalla fine del Cinquecento si affermano sempre più le matite in grafite, un minerale
morbido e di grana regolare che produce tratti neri, molto resistenti e facili da cancellare.
Questa mina, preparata in cilindretti di metallo o di legno,produce un segno di colore molto simile
a quello dello stilo in piombo; veniva infatti detta "lapis piombino".
Questo mezzo è adatto a sostituire le difficili e laboriose punte metalliche e, grazie alla
precisione e cancellabilità, è lo strumento ideale per i disegni tecnici che vengono
completati poi a penna. I disegni realizzati a sanguigna, con certi pastelli colorati, oppure
con gesso artificiale, vengono spesso inseriti nella grande categoria dei "disegni a matita".
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