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CESENA - La Biblioteca Malatestiana Antica

sala NutiLa Malatestiana è l'unico esempio di biblioteca umanistica conventuale perfettamente conservata nell'edificio, negli arredi e nella dotazione libraria, come ha riconosciuto l'Unesco, inserendola, prima in Italia, nel Registro della Memoire du Monde.

L'idea della biblioteca va attribuita ai frati del convento di San Francesco, che avevano in animo di costruirne una ad uso dello studium, annesso al loro convento fin dal Trecento. Nel 1450 è documentato il primo intervento di Malatesta Novello, signore di Cesena, che fece proprio il progetto dei frati e nel loro convento eresse la sua 'libraria'. Al modello inaugurato da Michelozzo nella biblioteca del convento domenicano di San Marco a Firenze (1444), si ispira la Malatestiana di Cesena, cui Matteo Nuti, esaltato come Dedalus alter nell'epigrafe che si legge accanto alla porta d'ingresso, pose il sigillo del suo nome: "MCCCCLII Matheus Nutius Fanensi ex urbe creatus Dedalus alter opus tantum deduxit ad unguem" ("1452. Matteo Nuti, nato a Fano, secondo Dedalo, condusse a compimento una tale opera").

Sul timpano del portale campeggia l'elefante, emblema dei Malatesti, con il motto "Elephas Indus culices non timet" ("L'elefante indiano non teme le zanzare"), mentre ai lati dell'architrave e sui capitelli delle lesene, sono raffigurati i simboli araldici della grata, delle tre teste e della scacchiera. La porta in legno scuro è opera di Cristoforo da San Giovanni in Persiceto e reca la data 15 agosto 1454. L'araldica dei Malatesti è riprodotta anche all'interno, sui capitelli delle colonne della sala e sui 58 plutei (29 per parte), gli imponenti banchi di legno di pino in cui si conservano i codici.

Varcato il maestoso portale, l'impressione è quella di trovarsi in una vera e propria "chiesa in miniatura": la biblioteca ha una pianta a tre navate, tutte e tre con copertura a volte, a botte quella centrale, a crociera quelle laterali, un poco più larghe e basse. La luce, distribuendosi dalle finestrelle archiacute, due per campata, si ripartisce nelle navate laterali, mentre la navata centrale, scandita da venti eleganti colonne con capitelli a scudi e a foglie pendule, è illuminata longitudinalmente dal grande rosone di fondo.pavimento con motto Da qui un suggestivo fascio di luce cade sulle epigrafi del pavimento, che rinnovano la memoria del donatore: "Mal(atesta) Nov(ellus) Pan(dulphi) fil(ius) Mal(atestae) nep(os) dedit" ("Malatesta Novello figlio di Pandolfo nipote di Malatesta diede").Anche il colore riveste un ruolo preciso: il bianco delle colonne mediane, il rosso del pavimento in cotto e delle semicolonne e il verde dell'intonaco, riportato alla luce dai restauri degli anni Venti del Novecento, rimandano ai colori degli stemmi malatestiani.

Per dotare la sua 'libraria' di un corredo di volumi adeguati e consoni al progetto di biblioteca che si prefiggeva, il signore di Cesena promosse uno scrittorio che, con attività organizzata e pianificata, produsse nell'arco di circa un ventennio oltre centoventi codici. I manoscritti commissionati o acquistati da Malatesta Novello (circa 150 esemplari) integrarono il preesistente fondo conventuale. Si aggiunsero alla raccolta i testi di medicina e di scienze, ma anche di letteratura e filosofia, donati dal riminese Giovanni di Marco, medico di Malatesta Novello e come lui appassionato collezionista di codici. Quattordici codici greci, acquistati molto probabilmente da Malatesta Novello a Costantinopoli, sette ebraici e altri donati al Novello, più qualche codice aggiunto nei secoli successivi completarono la raccolta, che ammonta a 343 manoscritti.

Tra il XVI e il XVIII secolo furono collocati in Malatestiana 48 volumi a stampa contenenti opere di autori cesenati, tra i quali Iacopo Mazzoni, Scipione Chiaramonti e Giuseppe Verzaglia.

banchi sala Nuti La biblioteca è stata la "pietra" fondamentale, intorno alla quale nei secoli si è formata la Malatestiana nella ricchezza e varietà delle sue storiche collezioni. Dopo la morte di Novello e l'arrivo del lascito di Giovanni di Marco, la vita della Malatestiana si esaurisce per lo più nelle pratiche di conservazione e poco significative sono le acquisizioni librarie, fino alle soppressioni di età napoleonica. I libri provenienti dalle raccolte dei vari ordini religiosi (Domenicani, Benedettini, Agostiniani, Carmelitani, Celestini) furono collocati presso la Malatestiana a formare la "Biblioteca Nuova", poi "Comunitativa", che venne inaugurata il 26 aprile 1807. In essa sono confluiti i frammenti di molte raccolte monastiche e private, in cui non mancano manoscritti e stampati preziosi. Ben più noti sono poi le serie liturgiche dell'Osservanza, di proprietà comunale, e del Duomo, in deposito dal 1923, e la Piana, già biblioteca privata del papa cesenate Gregorio Barnaba Chiaramonti, che dopo lunghe vicende lo Stato Italiano ha affidato alla cura della Malatestiana (1942). Assai copiosa è la serie dei manoscritti in gran parte di interesse cesenate (compilazioni, diari, cronache), e di carteggi. Significativo il numero degli incunaboli (307) e delle cinquecentine (circa 4.000), come pure quello delle edizioni dei secoli XVII-XVIII. Altri volumi si aggiunsero nel 1868, in seguito ad una nuova soppressione degli ordini religiosi effettuata dallo Stato italiano.

Oggi la biblioteca, fra sezione antica e moderna, comprende oltre 350.000 volumi.Sala piana
Nel salone che si apre di fronte alla Malatestiana si conserva la Biblioteca Piana, già di Papa Pio VII Chiaramonti (1800-1823)[13]. Assegnata in uso ai Benedettini del monastero di Santa Maria del Monte per espressa volontà del papa e di proprietà della famiglia Chiaramonti, nel 1941 è stata venduta dagli eredi Chiaramonti allo Stato italiano, ed è attualmente in deposito presso la biblioteca Malatestiana.
Ricca di oltre cinquemila volumi a stampa dei secoli dal XV al XIX e di un centinaio di manoscritti, comprende, fra i codici più preziosi, un Evangelario datato 1104, un manoscritto giuridico del XIII secolo contenente il Decretum Gratiani, un Messale romano databile agli inizi del Quattrocento con una splendida Crocefissione miniata.
Tra gli incunaboli si può ricordare un esemplare della Cosmographia di Tolomeo, che riporta la data falsa 1462 (in realtà stampato nel 1477 o nel 1482), con tavole colorate i cui disegni sono stati attribuiti a Taddeo Crivelli.

Foto eseguite in condizioni proibitive in luogo buio e senza la possibilità di usare flash ( per i fotografi: ISO anche a 6400- tempi anche a 1/5) per cui bisogna accontentarsi.
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